domenica 12 agosto 2012

Il terremoto... le mie esperienze

Il 20 maggio, la mattina ore 4:00: mi sveglio da un profondo sonno e resto li nel letto a pensare a tante cose, quella sera sono uscita, periodaccio. Tutto ad un tratto mi sento dondolare il letto: Terremoto! Non è come l'inverno del 2004 quando il terremoto di Salò mi fece balzare dal letto e urlare come una pazza, non è così violento e rumoroso. Accendo la luce e dopo di me  mia madre, corro da lei e la vedo agitata, i lampadari dondolano, sembravano giostrine in movimento, in camera mia una crepa ( piccola) proprio che parte dal pavimento fino al soffitto, per fortuna nessu altro danno. La mattina tv e radio diffondono la notizia del sisma in Emilia.

    In quei  giorni qualche scossa ha fatto scherzetti, la mia mente torna a quell'inverno 2004 ... quel forte boato, credendo fosse un areo cargo Russo ( famoso per il rumore al decollo viste le sue dimensioni) mi voltai nel letto convinta di addormentarmi, invece mi sentii balzare più volte, mi alzai, cercai di raggiungere correndo la stanza da letto dei miei genitori, ma a causa del pavimento in continua oscillazione cadevo a terra più volte. Ricordo di essermi attaccata come un coala allo stipite della porta, urlavo come una disperata e mio padre se la rideva e ad un certo punto mi disse: Elena, il terremoto è finito, ora sei tu che tremi!!!
Per mesi mio padre si burlava della mia reazione al terremoto del 2004, se la rideva e imitava le mie urla, burlone che era...

   Il mattino del 20 maggio 2012 stavo vicina  a mia madre, lei molto spaventata, il mio pensiero era mio padre. Stranamente ero calma, non ero agitata, forse perchè non ero mai caduta e riuscivo a stare in piedi. Ricordo che la sentii piangere di nascosto, forse lo spavento e il fatto che con lei non ci fosse mio padre. I miei fratelli ricordano le risate di mio padre quando mi scherzava, ne fanno l'imitazione, e come se lui fosse li e quindi torna il sorriso.
    La scossa di una settimana dopo: sono  al lavoro, che spavento, pc e scrivania sembrano posseduti. Corro a folle velocità in cantiere, i dipendenti stanno bene e mi guardano allibiti, sembrano aver visto un marziano.
Il terremoto delle 13 invece non l'ho percepito, ero intenta a guidare mentre andavo a far visita alla madre defunta della mia amica. Mio fratello era nelle zone terremotate, il suo racconto mi fa venire la pelle d'oca ancor oggi, lui che non ha mai paura racconta che per due ore gli tremavano le gambe e non riusciva a calmarsi. Per giorni alla tv sono apparse immagini tristi e anche catastrofiche, in facebook vedo degli appelli, comincio a rispondere e...  mi sono ritrovata con tutte le mie forze con la voglia di partire ed aiutare.
Tra raccolte e lotterie ho girato le zone terremotate due volte con il furgone, e una in auto. La soddisfazione più grande era aprire il baule e vuotarlo di tutto il carico per lasciarlo ai terremotati. Ho nella mente gli sguardi degli anziani, molti non ringraziavano a parole perchè si commuovevano, gli sguardi, ripeto gli sguardi dicevano più della parola "grazie". I musetti curiosi dei piccoli spuntavano da ogni dove, scrutavano dentro il mio furgone come se fosse arrivato Babbo Natale. Le donne addette alla cucina sceglievano l'occorrente e poi ci mandavano in altri campi autogestiti. Ho vissuto un esperienza forte, educativa sotto molti aspetti ( umana, religiosa, etica, territoriale, naturalistica), un esperienza emozionante in certi racconti, in certi incontri, e di cose che ho visto. Ricordo il mio stupore appena arrivata al campo di Mirandola, sembrava un enorme formicaio: tutti che si davano da fare.
Ricordo i viaggi che ho fatto per recuperare le offerte, e anche le domeniche caldissime sotto il sole, ma, anche l'ospitalità delle famiglie non danneggiate, i pranzetti preparati per noi volontari. Ho conosciuto gente diversa da me ma con la mia stessa voglia di donare. Vedere la complicità, l'organizzazione di gente che si è messa insieme per portare gli aiuti ( senza mai essersi conosciuta prima) mi ha fatto capire che se vuole la gente può essere migliore. Ricordo la fila di furgoni, auto cariche di ogni ben di Dio, e le strade spesso chiuse per l'asfalto rotto o per qualche imminente crollo, i km percorsi tra Mirandola, San felice, Cavezzo e tutte le loro frazioni, quelle distese immense di campi e ogni tanto qualche cascina crollata. Ricordo le vie dei paesi in centro, oltre ai calcinacci l'evidente stato di abbandono dopo la tragedia, e in alcune vie il deserto, non c'erano auto, bimbi che giocavano... solo desolazione e qualche vigile del fuoco impegnato. Un nonno si avvicina in bicicletta e ci chiede da che paese arriviamo, gli rispondo elencando tutti i paesi ( Gussago, Montichiari, Verona, Bussolengo, Canneto sull'oglio, Montirone, Roncadelle), ci guarda allibito, conta i furgoni e le auto e alla mia domanda di come si fosse salvato racconta di essere uno dei pochi fortunati, la sua casa è danneggiata ma ancora agibile, ma nel spiegare quei secondi di terrore inizia a piangere, riparte con la sua bicicletta e piangendo ribadisce che in tutti gli anni che è al mondo non ha mai vissuto una tragedia simile. Lo saluto anche se si allontana, ci fa un saluto con la mano, ma osservandolo capisco che ancora si asciuga le lacrime, riprendo a scaricare il furgone...
Ogni tanto qualche crepa nei muri, nelle strade e fa impressione: una terra che si ribella, ferisce ma è ferita da quegli squarci che fanno rabbrividire.  Ricordo che dopo giornate intere a girare per i campi spontanei delle diverse zone terremotate tornavo completamente distrutta fisicamente, un po' preoccupata per le sorti della gente terremotata... ma anche molto fiduciosa. Chissà, se mio padre fosse vivo, sono sicura che mi avrebbe aiutato in qualche modo, qualcosa avrebbe fatto, e magari vedendomi partire con il furgone pieno di viveri mi avrebbe sicuramente fatto raccomandazioni ( era solito farlo) ma si sarebbe emozionato.







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